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Posts written by Rekius

  1. .
    E' una storia auto-conclusiva, una piccolissima idea che mi è venuta ascoltando la canzone che vi metto in spoiler. Niente pretese, volevo solo condividerla con voi ^^ (se mi ricordo ancora come si scrive...!)



    DANZANDO NELLA NEVE

    La luna brillava alta nel cielo, con la sua luce lattiginosa e bianca riflessa nei pallidi fiocchi di neve che cascavano silenziosi sui comignoli di Uschtenheim; danzavano i piccolissimi spilli di ghiaccio, sospinti nell’aria dalla fredda brezza notturna, abbracciati in una danza senza tempo, una danza che avrebbe trovato la sua conclusione solo al mattino successivo, quando lo spuntare dell’alba all’orizzonte avrebbe portato con se il calore del sole; ma per allora i morbidi chicchi di neve si sarebbero già stretti insieme in un’unica cosa, posati sui profili delle case.
    Nella piazza principale, proprio lì davanti alla chiesa del borgo arroccato tra le montagne, una folata di vento produsse un piccolo vortice; i fiocchi di neve si arricciavano tra di essi e si disfacevano, si avvicinavano e respingevano soffiati dalla brezza; movimenti casuali, corpuscoli di ghiaccio apparentemente senza vita.

    Eppure, se solo ci fosse stato uno spettatore, avrebbe potuto raccontare di uno spettacolo improvviso e a dir poco sbalorditivo: tra le folate di vento, avrebbe potuto scorgere due figure che danzavano assieme alla neve.
    Due ombre proiettate tra i muri delle case che si muovevano cadenzate, due sagome stagliate tra i refoli, due idee che si stringevano e piroettavano assieme alla brina sospinta dal vento nell’aria. Due creature fatte d’eternità che si prendevano per mano e correvano tra i vicoli, saltavano leggiadri da un tetto all’altro delle case senza mai toccare realmente suolo sotto ai loro piedi, si slanciavano l’un l’altro e si riprendevano, ridendo con risate che producevano il suono della neve che si posa sul lago lastricato di ghiaccio.
    Ma quello spettatore non c’era, poiché tutti dormivano ad Uschtenheim e la notte incedeva silenziosa.
    Silenziosa, tenendo per sé quello spettacolo che non esisteva.
    Uno spettacolo che non esisteva, per il mondo che non era lì ad osservarlo;
    Un mondo che non esisteva, per i due amanti che erano lì a danzare nell’infinito e nella neve.

    Sarebbero sorte altre albe, il mondo si sarebbe risvegliato e avrebbe ripreso il suo battito vitale, come ogni fine che cede il passo ad un nuovo inizio, ma non aveva davvero importante;
    Anche ciò che non esiste ha la sua importanza e, in quel momento, tutto ciò che aveva importanza era la loro danza senza fine.

    Fino all’ultima folata di vento

    Fino all’ultimo fiocco di neve

    per poi scomparire

    e rimanere per sempre lì, dove tutto è silenzio e musica.
  2. .

    LA MORTE DI UN RE


    Uno stormo di nere creature della notte turbinò squittendo fino a ricomporsi, al centro del salone principale della Cattedrale dell’Anima, in un’unica austera figura.
    Il clangore sordo del metallo che si abbatte contro la pietra irruppe nell’aere, producendo di rimando uno scossone nel terreno che fece tremare le fondamenta della Cattedrale stessa.
    Piccole crepe nel soffitto s’aprirono, facendo cascare delicatamente dei pezzi di calcinaccio che s’infransero contro il terreno riducendosi in polvere.
    Kainh mosse un passo, poi un altro ed un altro ancora davanti a sé, avvicinandosi ai Pilastri mentre una figura maligna si stagliava contro di essi.
    La lama si alzò e si abbasso nuovamente sul bianco marmo, tremenda, ed una nuova scossa tellurica indusse a barcollare il Vampiro, che si decise finalmente a sguainare la sua fida Frost per poi compiere altri lesti passi verso l’epicentro del cataclisma.
    Il nemico, un uomo pesantemente rivestito d’armatura dai riflessi dorati, reggeva con entrambe le mani la leggendaria Mietitrice d’Anime e si avventava con furia contro il Pilastro dell’Equilibrio, la prima svettante opera architettonica che da sola sorreggeva il destino dell’intera Nosgoth.
    Per un istante il nemico arrestò il suo movimento, voltando di scatto la testa nella direzione del Vampiro.

    “AH! Alfine, nientemeno! Il migliore, il più forte, no… il CAMPIONE dell’Alleanza viene a MORIRE nella vana speranza di poter arrestare la mia opera.“
    Parole di scherno fuoriuscirono dalla sua bocca, parole il cui suono era sinistramente deformato da uno spirito che albergava nell’animo del Sant’uomo, che più non aveva alcun controllo sulle sue azioni.
    Per un istante Kainh poté scorgere un barlume di verde malato prendere forma nei riflessi degli occhi del suo nemico, mentre egli proferiva le sue velenose parole.
    E capì.

    “Sei tu, dunque. Sei davvero tu. William non era altro che l’ennesima pedina, la sua resurrezione altro non era che l’ennesimo burattino chiamato in scena. Ma il burattinaio è sempre stato lo stesso. Da sempre…”
    Compì un nuovo passo verso il nemico, mentre egli voltava tutto il suo possente corpo e dava le spalle ai Pilastri.
    “William, William, William…”
    Aprì le braccia, facendo mostra della creatura che ora stava abitando.
    “La Storia ha orrore dei Paradossi, dovresti saperlo giovane Vampiro. William è sempre stato un ospite dall’ottimo potenziale, e questa volta lo sfrutterò a dovere. La vostra lurida razza è condannata ormai. Questa volta non avete neanche Kain a frapporsi tra me ed il dominio di Nosgoth. Rassegnati, nullità. Ho già vinto.”
    Un infame sorriso carico d’odio si dipinse sul giovane volto di William, regalandogli un’aria ancora più malsana e depravata.
    Kainh rimase impassibile a quelle parole, mentre stringeva in pugno l’elsa dell’arma che lo aveva accompagnato fin dalla prim’ora della sua nuova non-vita.

    “Invero, Kain non c’è questa volta… Dovrai accontentarti di me!”
    Il suo corpo divenne istantaneamente impalpabile ed egli si proiettò a velocità sovrumana addosso a William. La rapidità con la quale gli si avventò sorprese addirittura il Sant’uomo, che si ritrovò travolto dalla nebbia vampirica ridivenuta in un batter d’occhio violentemente solida. Kainh riemerse dal suo stesso miasma avvinghiando la mano sinistra attorno al collo del Saraphan, infliggendogli un potente colpo e scaraventandolo fino a farlo impattare con uno schianto roboante contro il muro retrostante ai Pilastri.
    Non perse poi tempo e si lanciò contro di lui a spada sguainata, pronto a trafiggerlo con la sua Frost.
    William mosse appena in tempo la Mietitrice per deflettere l’affondo del Vampiro, ma si ritrovò un ceffone artigliato in pieno volto che lo intontì brevemente.
    Kainh era una furia, non voleva lasciare un attimo di tregua al suo avversario.
    Troppo dipendeva da lui, troppo dipendeva da quel momento.
    Lì, ora.
    Il destino di Nosgoth era nelle sue mani…
    Un altro colpo, all’addome.
    Un altro colpo, con l’elsa della spada dritto in faccia. Portò la spada poi al suo fianco e tentò un affondo in avanti, nuovamente.
    William si scansò all’ultimo istante disponibile, per poi ricorrere ad una ben poco tecnica spallata nei confronti del Vampiro allontanandolo momentaneamente.
    Kainh era a tre piedi da lui, nei suoi occhi color dello smeraldo la risolutezza di qualcuno pronto a tutto.
    Aprì il palmo della mano ed un globo colmo d’energia elettrica saettò verso il nemico, che lo assorbì grazie alla sua portentosa spada e poi si lanciò in un contrattacco.
    Un passo svelto in avanti ed un salto, William atterrò davanti al Vampiro e cercò il suo cuore con un fendente della Mietitrice ma andò a vuoto, dunque tentò un colpo discendente che s’incrociò col metallo gelido di Frost.
    Un altro colpo a martello, parato di nuovo. Una ginocchiata nell’addome a sorpresa, venne incassata dal Vampiro che si rese improvvisamente conto della forza fisica del suo contendente…
    Ma non doveva darci peso. Non in quel momento.
    Kainh si riprese in un battito di ciglia, concentrò per un istante la sua energia e dalla mano sinistra scaturì un poderoso fulmine ronzante che venne intercettato dalla punta della Mietitrice d’Anime.
    William sollevò la spada per cercare di domare il furente flusso di saette che il Vampiro continuava a scaricare senza pietà, la lama senziente vibrava per l’energia assorbita quasi come se la sua forma serpentina fosse viva e pronta ad affondare la sua fame nelle carni del Vampiro.
    Il Campione dell’Alleanza interruppe dunque quella tempesta di fulmini per lanciarsi nuovamente con tutto il suo corpo sul Santo, che sollevò la Mietitrice carica di rabbia e si apprestò a cogliere il suo avversario con un affondo… Affondo che tagliò nient’altro che della foschia astratta. Kainh era divenuto di nuovo impalpabile Nebbia ed aveva attraversato con un gesto rapido e leggiadro il corpo di William, per poi ricomparire alle sue spalle e compiere un fendente ruotando il busto. La lama di Frost riuscì finalmente ad insinuarsi tra le pieghe dell’armatura del Saraphan e mordere il suo fianco destro.
    William ruggì di rabbia e dolore ed in un battibaleno si avventò sul Senzacuore, scaraventandolo a terra con tutto il suo corpo.
    Gli tirò un ceffone con il suo guanto d’arme che macchiò di rosso sangue la pallida guancia sinistra. Un altro pugno contro quella guancia e si aprì un taglio…
    Il Saraphan fece per colpirlo di nuovo sul volto ma una violenta energia dagli immacolati riflessi bianchi si manifestò attorno alla pelle del Vampiro, rendendola invulnerabile e respingente. In un solo colpo venne sbalzato via e si schiantò, quasi come segno del destino, contro il Pilastro del Conflitto.
    Kainh si rialzò piano, facendosi leva su di una gamba mentre il suo corpo continuava a rilucere dell’energia protettiva del suo Pilastro…

    “Devo ammettere di essere colp—UH”
    Non diede il tempo al nemico di riprendere fiato, anzi glielo tolse ulteriormente con un ben assestato calcio all’addome. Ogni parola che William blaterava era veleno, ogni sillaba da lui scandita una blasfemia da correggere.
    E lui lo avrebbe punito…

    “Sei colpito? Invero, lo vedo eccome.”
    Un altro calcio ed il Saraphan colpì di nuovo il Pilastro del Conflitto.
    Egli alzò un breve sguardo, mentre gattonava mestamente in preda ai dolori procuratigli dal Vampiro.
    Sembrava quasi che fosse circondato.
    Circondato dalle ombre dei Pilastri che si chiudevano attorno a lui come sbarre di una prigione.
    Già… una prigione.
    Un barlume di odio s’accese improvvisamente negli occhi del Santo, un barlume dai contorni verdastri, malati, contaminato da un antico potere sopito ed alimentato dal rancore.

    “E’ ora di finire questa farsa.”
    Pronunciò con una voce ancor più deviata e distorta che in precedenza.
    Un lampo smeraldo lo avvolse come una radianza generata da egli stesso. Kainh dovette distogliere per un istante lo sguardo, poiché la luce era momentaneamente accecante.
    L’istante successivo una invisibile forza mistica prese a stringergli il collo, costringendolo a concentrare tutte le sue energie psico-fisiche a cercare di resistere a quel dolore lancinante.
    L’impalpabile morsa lo sollevò dal terreno e lo scaraventò su di un lato della stanza. Non subì grossi danni, complice la barriera che il Pilastro del Conflitto ancora ergeva attorno a lui, come il vigoroso abbraccio di un padre pronto a tutto per difendere il proprio figlio. Tuttavia rimase per un istante spaesato, poiché doveva concentrarsi sulla scena che si stava compiendo ora dinnanzi a lui.
    William era in piedi, il suo viso deturpato da un’espressione catatonica ed immutabile. Attorno a sé vorticavano antichi flussi di energie glifiche, ormai quasi del tutto perdute, che vedendole da una certa distanza sembravano richiamare la sagoma che nessun Vampiro avrebbe voluto incontrare, i lineamenti del Nemico della razza Alata…
    Kainh rimase immobile per un solo istante, prima di rialzarsi ancora una volta.

    “Resta giù Vampiro, risparmia la fatica. Cadrai nuovamente, e sarà per sempre. É inevitabile.”
    Ma egli non si fece intimidire dalle parole mefitiche dello spirito Hylden.
    “Risparmia il fiato, CADAVERE!”
    Si gettò in avanti, nuovamente, reggendo saldamente Frost in pugno producendosi in un fendente dal basso verso l’alto. William il Corrotto tentò una parata ponendo la Mietitrice a difesa del suo corpo ma l’attacco e l’angolazione di Frost ebbero la meglio sulla sua guardia.
    La leggendaria arma volò per un istante verso il lato ma non ebbe tempo di allontanarsi poiché una scarica di energia telecinetica la attrasse quasi istantaneamente nella presa sinistra di Kainh.
    Un breve sorriso di trionfo si dipinse sul suo volto mentre William sgranava gli occhi verdastri e spiritati.
    Il Vampiro non si perse in chiacchiere ed istintivamente affondò in avanti entrambe le lame cercando di infilzarlo. Una scarica improvvisa di energia distruttiva eruppe dalle mani del Corrotto però, deviando all’ultimo le spade e facendo perdere l’equilibrio Kainh, che scartò su di un lato riportandosi in posizione eretta.
    il Santo Corrotto ringhiò di secolare rabbia mentre portava ancora una volta in avanti le mani e faceva eruttare un altro flusso devastante di energia glifica concussiva diretta proprio verso il Vampiro.
    Il suo primo istinto fu di tramutarsi in nebbia ma con incredulità il raggio lo colpì ugualmente in pieno, scaraventandolo ancora una volta su di un lato della sala dei Pilastri. L’impatto risuonò per l’intera Cattedrale, le cui mura tremarono insistentemente.
    Si inginocchiò. Questa volta lo aveva accusato per bene...

    “Sono stato uno stupido...E’ chiaro che l’energia glifica contrasta i Doni Oscuri…” Kainh sorrise tra se e se, quasi come fosse stato un neofita appena incappato per la prima volta in una barriera alimentata dai Glifi.
    Sentiva ancora in se tutte le energie necrotiche del suo primo risveglio da Vampiro.
    Un fiume di ricordi s’impadronì della sua attenzione per un solo istante, immagini che si accavallavano nella sua mente e gli facevano ripercorrere tutta la strada che lo aveva condotto fino a quell’incommensurabile, decisivo momento d’esistenza.

    “Abbandona la Mietitrice e ti concederò una morte rapida”
    Sentì distrattamente dall’altra parte della sala…
    Rivide la prima stretta di mano con il suo compagno di destino, Rekius...
    Passi d’uomo in armatura si avvicinavano a lui. Sollevò lo sguardo mentre William apriva nuovamente il palmo di una mano puntandoglielo contro. Questa volta però scartò in tempo verso sinistra mentre un altro lampo di luce verdastra si dissipava contro il muro. Utilizzando Frost come tramite impresse il suo potere e scagliò un Energy Bolt carico d’energia gelida che colpì William su di una spalla e gli fece aggrottare la fronte. Rispose a sua volta con una scarica glifica ma Kainh riuscì ancora una volta a muoversi in tempo per evitarla.
    Il Vampiro conservava molta velocità, complice la sua inseparabile armatura Greenstone.
    Tentò di contrattaccare scagliandogli addosso un fulmine che crepitò nell’aria e s’infranse sulla corazza del Nemico, che sembrava star acquisendo una resistenza sempre maggiore man mano che la possessione di Hash’Ak’Gik si prolungava. Infatti egli assorbì quasi completamente la saetta senza risentirne, mentre allungava i suoi passi verso il Senzacuore.
    Allora egli si lanciò all’attacco a sua volta, levando entrambe le leggendarie lame in suo possesso per abbattersi sul Santo. Ma William si avvolse in una violenta luce verde scintillante ed un’onda d’urto d’incredibile potenza si dipanò dal suo corpo, deviando la traiettoria delle spade rigettandole indietro. Kainh si trovò in mancanza d’equilibrio e, sospinto dall’onda d’urto che aveva fatto tremare le fondamenta della Cattedrale dell’Anima, venne sbalzato all’indietro.
    Cadde momentaneamente, le spade ancora estremamente salde tra le mani. Fece per rialzarsi ma un improvviso ceffone lo colpì inducendolo a tornare supino a terra. I Pilastri tremarono ancora una volta.
    Quel combattimento tra divinità oscure stava mettendo a repentaglio l’intera realtà.
    Ogni schiocco, ogni pugno, ogni affondo erano talmente potenti da provocare delle conseguenze visibili e percettibili nell’ambiente a loro circostante.
    Nessuno dei due aveva risparmiato neanche un’oncia di potere.
    Un calcio al costato indebolì ulteriormente il Vampiro, che ormai si trovava a corto di energie…
    William sembrava una macchina inarrestabile, sebbene il suo corpo mal celasse diversi segni della battaglia.
    Logoro, con gli occhi iniettati di febbrile ineluttabilità, i capelli completamente scarmigliati e l’armatura ammaccata, caricò tra le mani un altro raggio di energia glifica e lo scagliò direttamente sul braccio sinistro di Kainh, riducendolo a poco più che struttura ossea.
    Il Vampiro non riuscì a trattenere un urlo, lasciando cadere la Mietitrice per terra.
    Il Risorto la raccolse piano.

    “ Ti avevo detto che saresti caduto nuovamente, e sarebbe stato per sempre.”
    La alzò, mentre l’aria attorno a loro tremava, e la riabbassò gridando
    “ORA MUORI!”
    Ma Kainh si voltò con uno scatto, sollevò Frost con la sua mano destra e l’infallibile Spada del Gelo difese il suo portatore per un’ultima volta, un’ultima volta prima che la sua lama s’incrinasse irrimediabilmente e sotto al peso schiacciante inferto da William e dalla Mietitrice d’Anime s’infrangesse, volando in due pezzi al fianco del Vampiro, che fece per cadere davanti a se.
    Per rabbia e per scherno, il Redivivo agguantò il Senzacuore per le cinghie dall’armatura, costringendolo con quel gesto a issarsi sul busto e ad assistere a quegli ultimi istanti.



    E lui ricordò.
    Ricordò le battaglie vinte, le trionfanti cavalcate compiute sulle lande di Nosgoth, sterminando Vampiri corrotti e Saraphan sotto gli ordini giusti ed arcigni del Negromante.
    Ricordò la prima volta che le sue dita affilate si strinsero attorno all'elsa di Frost, quell'arma che divenne la sua più grande alleata e mai lo tradì e che ora giaceva accanto a lui, divelta in due schegge.
    Riusciva quasi a riportare alla memoria il sapore del sangue dei suoi nemici, tutti coloro che erano caduti per mano del Senzacuore sotto l'egida della Cattedrale del Sangue e dell'Alleanza stessa.
    Ricordò dell'imponente golem e della sua corazza, scaglie e scaglie infinite che si crepavano e venivano divelte dalla sua forza e furia immortali.
    Ricordò le strette di mano ai suoi nuovi compagni di viaggio e non-vita. Ricordò Phobos il Paladino della Paura, ricordò Nyamelh la Mezz'elfa indomita.
    Ogni piccolo istante tornava alla sua memoria come un puzzle, che lentamente si ricomponeva nella mente per formare una sorta di Epico ritratto del Senzacuore.
    Il primo Vampiro della Cattedrale a cui venisse ceduto il comando.
    Il primo Vampiro della nuova Era, dopo Soul, Janos Audron, Raziel e Kain in persona, a divenire detentore della Mietitrice.
    Il Vampiro protettore dei Guardiani, la leggenda che solcava e combatteva ancora in prima persona per l'Alleanza.
    Difensore dei Pilastri...

    "KAINH, IL RE DELLA CATTEDRALE DEL SANGUE..."
    Le parole di William suonavano distanti e distorte, come se non ci fosse posto per lui in quel momento nella mente di KAINH.
    .. Ed a completare l'affresco, al centro di quell'immagine, sfocatamente si fece spazio fra tutte le epifanie il primo, importantissimo, incontro tra le sue labbra e quelle di Daniaa...

    "il re dei Vampiri... È MORTO PER MANO DI HASH'AK'GIK"
    La lama serpeggiante grattò e s'insinuò tra i graffi e le pieghe riportate su GreenStone, incise il petto e aprì la sua strada senza alcuno sforzo nei muscoli e nelle ossa di Kainh fino al suo cuore, perforandolo da parte a parte fino a che la lama non fuoriuscì dalla parte centrale della schiena.
    Kainh tossì di riflesso ed un potente fiotto di sangue si riversò sul pavimento polveroso e ricco di macerie, mentre altro liquido scarlatto abbandonava il suo corpo dalle due aperture inferte dalla Mietitrice.
    Posò lo sguardo su William ed i loro occhi s'incontrarono.
    Il Santo sorrise di trionfo e malata vittoria ed il Vampiro sorrise di rimando con un ghigno, facendo un passo avanti e conficcandosi ancor di più la lama nell'addome, fino all'elsa.
    Si avvicinò accostando la sua testa alla spalla del suo nemico e stringendo l'arma nel suo stomaco ben salda con la mano destra, come a non volerla abbandonare neanche in quel fatidico istante.

    "il Re è morto...lunga vita al Re..."
    Sospirò un'ultima volta.
    Ed un nuovo fiotto di sangue imbrattò il petto e parte del volto di Kainh...
    Il sangue di William, il cui braccio ora pendeva senza vita ancora attaccato alla Mietitrice, ma non più al corpo del Santo.
    Si udì il clangore di metallo tintinnante, il Vampiro aprì quel che rimaneva del palmo sinistro e fece cadere per terra la lama di Frost, che non lo aveva tradito nemmeno quell'ultima volta...
    William sgranò gli occhi, che divennero di un verde sempre più intenso ed incandescente, fino a che dalle sue labbra non fuoriuscì un urlo disumano e distorto.
    La rabbia più incontrollata non poté però sopraffare l'istinto di sopravvivenza, che avvolse l'Hylden incarnato in una pira di luce verde acida e lo fece scomparire, trasportandolo in un luogo lontano dai Pilastri...
    I Pilastri...
    Kainh li osservò, ormai esanime e con le ultime forze che rimanevano nel suo corpo arrancò fino alle loro pendici...
    Giunse al Pilastro del Conflitto, vi si accasciò alla base, ed attese l'arrivo dei suoi amici e compagni di battaglie, tenendo ancora la Mietitrice saldamente conficcata nel suo corpo con entrambe le mani.
    Guardò un'ultima volta il cielo dall'apertura sulla volta della Cattedrale dell'Anima, ripensando a Daniaa.
    Chiuse gli occhi...


    Edited by Glifo dell'Acqua - 9/9/2019, 11:53
  3. .
    CITAZIONE (konrad93 @ 19/2/2018, 18:04) 
    Quanto si sà della storia di Kain e sul suo viaggio di andata e ritorno? il mio pg, nello scriverne la scheda, quanto può venire informato sugli eventi di Nosgoth? Sì sà degli Hylden? Sì sà dell'antico dio? Kain è tornato nella sua Nosgoth?

    Raccogliendo stralci d'informazioni da frammenti di memoria remota ed antichissime discussioni nel forum stesso, posso risponderti così:
    Kain è "non reperibile", ovvero non si sa che fine abbia fatto. Si sa solo che la Mietitrice è stata ritrovata, dopo tempo immemore, da Soul il Negromante e che ne è divenuto il custode fino al suo "ritiro" tra le pieghe dello spazio-tempo.
    A quel punto è stato Kainh a divenire il custode della Mietitrice, fino al momento della Campagna del Cerchio "Resurrezione pura nella fortezza".
    Le figure che ruotano attorno ai Pilastri (i Mietitori ed i Vampiri delle Cattedrali, i Demoni, poche altre creature antichissime) conoscono la vicenda di Kain e Raziel, conoscono l'esistenza dei famigerati Hylden e dell'Anziano.

    Per il resto Vulnus Bone (Tiziel) ha risposto in maniera piuttosto esaustiva alla tua domanda (Soul è il fondatore della CdS, non CdA ^_^ errore di battitura immagino)
  4. .
    Sembrò che il discorso analitico di Asgarath colpisse Nyamelh nel vivo, forse aveva toccato le corde che accerchiavano una questione delicata nella mente della Vampira. Dapprima si dimostrò esterrefatta, come se il libero arbitrio e la propria volontà di perseguirlo fossero una chimera, una favola per ragazzini cui forse tutti noi ci eravamo assuefatti fin troppo.
    Sorrisi alla sua reazione d'indignazione, non potevo fare a meno di accusare l'ironia ogni qual volta qualcuno si ritrovava spiazzato davanti ad una propria considerazione personale che riceveva delle crepe.
    Quante volte ciò in cui io credevo era stato messo alla prova e lacerato, divelto, per far spazio ad una ben più mera realtà dei fatti in fondo ?
    Cos'era stata la vita per me, fino al momento della mia morte, se non un continuo interminabile compromesso tra ciò che avrei voluto e ciò che in realtà accadeva attorno a me ?
    Mi ero riscosso da quei pensieri solo molto tempo dopo la mia dipartita, solo una volta abbracciata la mia essenza di essere d'oltretomba.
    Essere un Mietitore era ben diverso... Abbandonare la mortalità ti poneva di fronte a dilemmi ancor più profondi.
    Divenire libero, capace di muovere i propri passi senza esser mosso come una pedina da esseri onniscienti, ti aiutava a soppesare con coscienza ogni tua mossa. Da ogni decisione, ne sarebbe andato di mezzo il destino della terra stessa...
    Era un peso, sì. Ma ci era stata data l'immortalità stessa per sopportarlo.

    Nyamelh si distaccò dal gruppo di Mietitori che stava rimpolpandosi sempre più, per andare a posarsi su di una parete per ragionare in disparte con più calma. Sembrava davvero colpita da ciò che accadeva nei suoi pensieri.
    Dal momento che neanch'io avevo troppa voglia di far comunella con i miei compari, feci qualche passo in sua direzione.

    " Tranquilla, sono solo venuto a romperti un po' le scatole.
    Hai scatenato tutto questo trambusto ai Pilastri, il minimo che possa fare è restituirti il favore ahah..."

    Le dissi per strapparle un sorriso da quel viso corrucciato. Mi posi vicino a lei, a circa due passi di distanza, appoggiandomi al muro nella sua stessa identica posizione, come a farle il verso.
    "Sai, una volta qualcuno che mi era molto caro mi disse questo: Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità. "
  5. .
    Rimasi in silenzio, mentre Nyamelh mi spiegava quale fosse il turbamento ad averla condotta nel nostro ritrovo d'anime.
    "Sento che Nosgoth è ancora da salvare."
    Disse, per poi lasciare al silenzio di continuare il suo discorso, permettendomi di riflettere sulle sue parole.
    Asgarath si frappose tra il silenzio e me, elargendo uno dei suoi tipici discorsi a toccare i contorni della discussione di cui stavamo trattando.
    Il druido era abile a dipingere i tratti di una storia, ma alle volte la sua mente così vispa si lasciava irretire dai dettagli e si perdeva dunque in lunghi saggi...
    Ad ogni modo, ascoltai con attenzione ciò che ci disse, mentre ci descriveva i possibili motivi della nostra discesa in campo.
    Gli umani, i mortali. La speranza, la scommessa del mondo nei confronti della purificazione della terra di Nosgoth, e forse da un certo punto di vista anche la nostra scommessa...
    Timore e paura, per creature che un tempo eravamo ed allo stesso tempo hanno spinto ognuno di noi ad essere ciò che siamo ora.
    I mortali...
    Sospirai impercettibilmente, antico riflesso di vita che ancora non mi aveva abbandonato del tutto.
    Quasi sorrisi mentre assecondavo quel bisogno, sentendomi stranamente a disagio con me stesso per averlo fatto.
    C'erano dei passi infine di qualcuno che si approcciava alla nostra improvvisata riunione...
    Riconobbi Tiziel, che dopo tanto peregrinare per le terre aveva deciso di far ritorno verso la sua dimora.
    La mia mente era ancora annebbiata da ricordi passati, per cui non ebbi una grande reazione visibile alla vista del nostro figliol prodigo.
    Mi limitai a far un passo indietro, senza dir nulla, lasciando che il discorso proseguisse senza la mia interruzione, almeno per il momento...
  6. .
    Nyamelh mi accolse con un informale abbraccio, cui risposi a mia volta per poi ricomporci entrambi.
    Anche Asgarath mi porse i suoi saluti, sorridendomi.

    " Lieto di vedere che non siamo soli. Bentornato Rek....in quale angolo gelido e sperduto di Nosgoth sei stato? "
    Rimasi momentaneamente in silenzio a quella domanda, mentre la mia mente si adombrava per qualche interminabile istante.
    Il ricordo era ancora doloroso... ma lo avrei custodito senza fiatare.
    Solo io sapevo dov'ero stato... e così sarebbe rimasto.
    Sorrisi a mia volta al Druido, cercando di metterlo a suo agio mentre impassibile scrollavo le spalle e dissimulavo qualunque tipo di ombra si stesse formando nella mia memoria.

    " Qui e là, come al solito... Sai come sono fatto. "
    Rivolsi nuovamente lo sguardo alla Vampira poi, ma parlai ad entrambi
    " Iluminatemi, amici miei. Cosa ci porta qui ? Nyamelh, la tua presenza è presagio di qualcosa di oscuro o questa è una graditissima visita di cortesia ? "
  7. .
    Riconobbi entrambe le voci non appena mi pervennero all'orecchio, ciò non di meno rimasi inizialmente ben sorpreso.
    Poi però, un moto di lietezza si fece largo nel mio animo.
    Sorrisi.
    Quanto tempo era passato...


    Feci il mio ingresso dal portone centrale, come mio solito, mentre le immutabili colonne che sorreggevano la nostra realtà mi accoglievano ancora una volta al loro cospetto...
    Al loro cospetto, cui ritrovai i proprietari delle voci ch'erano riuscite a donarmi un sorriso dopo tanto tempo.
    Non mi era ben chiara la conversazione fin dai suoi albori, poiché giunsi nell'esatto momento in cui Asgarath pronunciava la frase
    "...ma c'è ancora qualcuno".
    Poi vidi la figura femminea con cui tante ne avevo passate e non potei più fare a meno di allargare ancor di più il mio sorriso, mentre il druido terminava la sua frase
    "...richiamo."
    Mi avvicinai a loro tenendo ancora leggermente le braccia elevate a mezz'aria, che seguivano il movimento del portone che si richiudeva su se stesso con un greve cigolio sommesso.
    Abbassai dunque le braccia, rivolgendomi con lo sguardo a Nyamelh.

    "Non so bene il motivo, ma sapevo di dover fare un'entrata ad effetto in perfetto tempismo. Sono stato bravo ?"
  8. .

    Attacco Al Cuore
    Parte 2




    BLEED
    Ed effettivamente era così, la strada mi era stata servita su un piatto di ghiaccio. Guardai i miei due fratelli mietitori ma non riuscii a proferir parola. Mi scoprii teso, mascella serrata e zampe chiuse in una stretta salda e dolorosa.
    Perché ero così irrequieto? Davvero era dovuto solo alla condizione di Phobos? Non sapevo spiegarmelo, ma non era quello né il luogo né il momento per farsi un esame di coscienza. Dovevamo andare avanti e portare a termine quello che doveva essere fatto.
    Feci un cenno d’assenso ai due immortali e mi avvicinai alla scala creata da Rekius.
    Saliva perfettamente in verticale fino al limitare del torrione con spuntoni di ghiaccio a farci da appiglio. Afferrai il primo appoggio e sentii il freddo sotto la mia mano, una sensazione che mi fece come ridestare dal torpore in cui mi ero isolato.
    Mi girai nuovamente verso gli altri due e con un cenno della testa dissi: “Bene, ora viene la parte difficile. Vediamo di tornare indietro, tutti quanti”, soffermandomi sulle ultime due parole.
    Senza attendere una loro risposta mi voltai verso il muro ed iniziai la scalata, velocemente e silenziosamente.

    La terra si allontanava lesta sotto di noi, quella scala era straordinariamente comoda. Raggiungemmo l’apice del torrione in pochi secondi e fummo accolti dall’oscurità e dal silenzio. Sembrava che non ci fossero sentinelle in quella sezione del muro e tutto il perimetro pareva stranamente quieto. Perfino attorno ai braceri ancora scoppiettanti non v’era ombra di Saraphan.
    Con la Reaver di Tenebra sguainata, che sembrava fondersi con l’oscurità della notte, mi avvicinai all’entrata più vicina che dalle mura esterne immetteva nella struttura principale, seguito a distanza di pochi passi da Rekius ed Asgarath che, guardinghi, scrutavano le tenebre pronti a rispondere ad un eventuale attacco a sorpresa.
    Mi appoggiai alla porta di spesso legno, rinforzata da grate di ferro grossolanamente lavorato ma non per questo meno resistenti, e spinsi lentamente.
    La porta era aperta.
    Guardai gli altri mietitori che risposero al mio sguardo scettico con un’alzata di spalle.
    Spinsi fino in fondo la porta e con uno scatto penetrai nella fortezza, Reaver in pugno.
    Dopo alcuni istanti mi seguirono anche gli altri ma non c’era nessuno ad accoglierci, anche lì.
    Feci per dire qualcosa ma un improvviso rumore di porte che sbattevano ci riportò in guardia. Da qualche parte, dietro un angolo che non conoscevamo, una pattuglia di Saraphan stava scendendo furiosamente delle scale. Sentivamo il vociare ed il clangore delle armature in corsa che si sfioravano velocemente. Non erano diretti verso di noi ma ai piani inferiori.
    Non sapevo cosa stessero facendo gli altri ma sicuramente Tiziel aveva agito bene e velocemente.
    Probabilmente le guardie che prima erano ai bracieri sul torrione erano già state chiamate altrove lasciandoci la via aperta.

    “Bene, gli altri stanno facendo la loro parte, non rendiamo vani i loro sforzi.” dissi rivolgendomi ai compagni d’avventura, leggendo nel loro sguardo la stessa mia determinazione, “che questa notte segni la fine di ogni cosa, inghiottendo i nostri nemici ed i nostri peccati”.
    Richiamando a me la Reaver scattai nella direzione opposta da dove provenivano il vociare dei soldati ed i primi rumori di battaglia.
    Superammo velocemente alcuni corridoi, nudi e puntellati da flebili torce. Man mano che avanzavamo le finestre si facevano sempre più rare mentre iniziavano le feritoie. Evidentemente la parte più fortificata della fortezza non era quella inferiore ma quella superiore.
    Lo sciocco nobile aveva dunque detto il vero, alla fine.
    Strinsi la mano sinistra fino a farmi male ma non rallentai il passo.
    Ancora un corridoio, poi un altro ed un altro ancora. La struttura di quel posto ci era sconosciuta ma non potevamo ispezionarlo con calma. L’unica cosa che ci serviva era trovare un passaggio per i piani superiori e potevamo agire con tale disinvoltura solo grazie all’assenza di guardie.
    Ogni volta che incontravamo una porta aperta mi fermavo per una rapida sbirciata.
    Ogni volta che invece la porta era chiusa la aprivo violentemente con una spinta assicurandomi che non vi fossero nemici per poi scattare avanti lasciando un eventuale esame della stessa a Rekius o ad Asgarath che poi tornavano veloci nel gruppo.
    Così ci muovevamo in squadra, come fossimo uno solo, e mi ritornarono in mente, come estratti da un oceano di polvere, i ricordi di quando ancora ero mortale e militavo in quella compagnia paramilitare, o come ci additavano molti, di mercenari.
    Andammo avanti così per svariati minuti fin quando, dopo aver spalancato l’ennesima porta in cerca delle scale per il piano superiore, non finii quasi addosso ad un soldato che si stava allacciando il corpo dell’armatura.
    La sua espressione non fece in tempo a cambiare da un genuino stupore ad una di dolore.
    Mentre la Reaver si sfilava dal suo addome e i suoi occhi si spegnevano un rivolo di sangue iniziò a scendergli dall’angolo della bocca mentre la parte inferiore, evidentemente lucidata da non molti giorni, si insozzava di sangue e carne strappata fuoriuscita dallo squarcio nel petto.
    Lo afferrai con l’altra mano evitando che il cadavere cadesse al suolo e lo adagiai lentamente a terra.
    Dietro di me era entrato Rekius che aveva appena fatto in tempo ad estrarre la sua Reaver. Avevo agito troppo velocemente, lasciandolo interdetto.
    Subito dopo entrò Asgarath che vide la scena e si coprì la bocca istintivamente con la mano, distogliendo lo sguardo.
    La Reaver ancora si agitava nel mio braccio famelica e tremenda, le avevo permesso di esplodere in tutta la sua potenza per finire quel nemico velocemente e forse avevo esagerato.
    Ombre oscure baluginavano per la stanza, eccitate e pronte ad assorbire l’anima che volteggiava candida davanti a noi. E così feci, andando a riottenere l’energia vitale con cui avevo eccitato la lama simbiontica.

    “Da qui in avanti conviene fare maggiore attenzione, probabilmente incontreremo soldati a cui non importa di quello che succede ai piani inferiori. Questo significa sia che dovremo iniziare a combattere cercando di non dare un ulteriore allarme, sia che stiamo andando nella direzione giusta. Proseguiamo.” conclusi, chiudendo gli occhi al soldato con la zampa trifida e uscendo dalla stanza senza aspettare risposte o commenti dagli altri due.
    Fermandomi un attimo a riflettere notai che i rumori della battaglia ai piani inferiori era ormai un flebile sussurro, d’ora in poi eravamo soli.
    Poggiai lo sguardo sulla porta immediatamente oltre alla nostra e la aprii con circospezione.
    Una rampa di scale saliva verso il piano superiore tenuemente illuminata da torce che iniziarono a danzare spinte dalla corrente.
    Sguainai nuovamente la Reaver di Tenebra e iniziai lentamente a salire le scale fin quando, dietro l’angolo di un gradino, scorsi la figura di una sentinella.
    Era ferma sul limitare della porta e stava parlando con qualcuno oltre il mio sguardo.
    Forse era un’altra sentinella come lei o un ronda, non potevo saperlo.
    Ma quella era la nostra unica strada.
    Aspettai che mi raggiungessero gli altri due e gli feci cenno di prepararsi ad attaccare.
    Evocarono le rispettive lame.
    Attesi alcuni secondi e scattai in avanti.
    Saltai con un sol balzo l’ultima rampa di scale e mi fiondai sulla sentinella che teneva stretta nella sua mano una lunga ed affilata alabarda.
    Non fece in tempo ad accorgersi dell’attacco che la sua arma cadeva a terra con metà del suo braccio.
    Non mi fermai, lasciai il compito di finirla agli altri.
    Superai la porta velocemente e mi ritrovai in un ambiente molto più aperto delle labirintiche stanze del piano inferiore.
    Una sorta di piazzetta dalla forma quadrata si apriva dopo la porta e dava, a sua volta, su altre porte e corridoi che si inoltravano nel piano.
    Rasente la porta c’erano altre tre guardie, la ronda che avevo ipotizzato.
    Mi fermai a nemmeno un metro da loro e mentre sguainavano le spade evocai il Glifo della Forza.
    Due di loro furono scaraventati contro il muro e rovinarono a terra. Quello più vicino a me, con un sorriso in volto figlio di paura e fervore, mi infilzò con la sua spada in pieno petto trapassandomi da parte a parte.
    Afferrai la sua mano impedendogli di ritrarsi, mentre un debole bagliore sul petto della sua armatura ne rivelava una runa di protezione alla magia glifica.
    La sua espressione cambiò in una smorfia di terrore, una consapevolezza di una fine ineluttabile, mentre il suo sguardo si perdeva nei miei occhi vuoti e bianchi, talmente bianchi da risplendere nell’oscurità.
    Percepivo solo un leggero fastidio mentre la lama dentata di quella spada mi perforava il petto. Avvertivo come una sensazione di calore, che voleva dire probabilmente che perfino la sua spada aveva un qualche potere runico. Forse era imbevuta del potere del fuoco o del sacro, entrambi ottimi metodi per combattere demoni e vampiri.
    La Trance mi stava permettendo di non curarmi del dolore e di dare nuovamente tutto me stesso alla Mietitrice che nutrita nuovamente dalla mia stessa energia eruppe di energia oscura tagliando in due il Saraphan.
    Mi sfilai lentamente la spada dal petto e andai verso gli altri due soldati che mezzi storditi cercavano di rimettersi in piedi barcollando. Non ebbero il tempo di riprendere in mano le armi.
    Rekius ed Asgarath erano dietro di me ed osservavano impotenti la scena.
    Sentii un rumore provenire da dietro un corridoio.
    Allungai la mietitrice e le feci assorbire le tre anime sprigionandone il potere e mentre diventavo invisibile dissi ai due di mettersi vicino ai cadaveri di spalle.
    Mi ubbidirono scetticamente ma dopo pochi secondi un’altra pattuglia fuoriuscì dal corridoio, allarmata dal rumore della battaglia.
    Vedendo i due Mietitori di spalle a loro caricarono immediatamente e silenziosamente.
    Quello più avanzato dei tre, che portava un’armatura simile al Saraphan che mi aveva ferito, si accorse troppo tardi che una un rivolo semitrasparente e bluastro stava disegnando una sorta di pozzanghera proprio davanti ai suoi piedi.
    La runa dell’armatura sfrigolò tremendamente cercando di proteggersi dalla Reaver di Tenebra che stava ancora assorbendo la mia energia vitale mentre distruggeva le sue difese e squarciava il petto del soldato. Mentre ritornavo visibile e gli altri due Saraphan indietreggiavano sorpresi e spaventati, Rekius ed Asgarath balzarono su di loro uccidendoli dopo un brevissimo scambio di colpi.

    Mi inginocchiai a terra assieme al cadavere che mi stava davanti. La ferita al petto perdeva copiosamente sangue e non avevo più la forza di rimanere in piedi. Scostai la stola dal viso ed assorbii una delle tre anime che ora volteggiavano nella stanza. La ferita nel petto iniziò a rimarginarsi velocemente, ed in pochi secondi non una goccia più fuoriusciva dal mio corpo.
    Feci un profondo respiro e abbandonai la Trance.
    Allora il dolore delle ferite mi assalì tutto insieme facendomi stringere i denti mentre mi afferravo il petto con la mano.

    “Le altre due anime divoratele voi. Dovete riprendere le energie consumate utilizzando le vostre magie e dovete rimanere in forze. Non possiamo permetterci che il decadimento vi porti sull’orlo del Regno Spirituale.”
    Mi rialzai lentamente con un po’ di affanno.
    “Io sto bene, sicuramente avanti avrò modo di recuperare altre energie…” dissi mentre Asgarath mi faceva da appoggio aiutandomi ad alzarmi, “ora dobbiamo andare avanti. Il nostro obiettivo dovrebbe essere sopra di noi di un paio di piani.” .


    ASGARATH
    “Per la miseria Bleed!” sbottò il druido, sottovoce, ma abbastanza forte da farsi udire da lui e da Rekius, mentre lo aiutava a sorreggersi.
    Bleed lo guardò con aria interrogativa.

    “Posso dirti due paroline veloci prima di procedere?”
    “Avanti.” disse il Vendicatore.
    “Devi fare più attenzione. Non possiamo permetterci di perderti in questa battaglia.” lo ammonì Asgarath.
    “Se ti riferisci alla mia ferita, presto verrà rigenerata.” Lo sguardo di Bleed si fece famelico, mentre scostava da sé il fratello, ritrovando la padronanza dei suoi movimenti.
    Il Paladino si girò verso le scale, che continuavano a salire verso l'alto e ricominciò a salire I gradini.

    “Non mi riferisco alla tua ferita.” disse il druido. Bleed si fermò. Voltandosi verso di lui.
    “È che da quando è iniziata tutta questa faccenda che ti trovo più... oscuro. Diventi sempre più simile alla tua lama.”
    Asgarath additò l'oscura mietitrice di tenebra, famelica di furia, che sfavillava ancora nel braccio destro del Paladino.
    Bleed seguì il suo sguardo con attenzione.

    “Insomma, cerca di non diventare come ciò contro il quale stiamo combattendo.”
    Bleed stette per rispondere ad Asgarath, ma in quel momento il druido notò un riflesso alle sue spalle.
    Fulmineo, il mietitore balzò verso il fratello maggiore. Lo spinse via e il pugnale glifico che stava per trapassarlo fendette l'aria.
    Prima ancora che il suo proprietario potesse gridare, Asgarath gli tappò la bocca con la mano, lo sbatté violentemente contro il muro e gli diede un pugno tale da tramortirlo.
    Il Sarafan mugolò dal dolore e poi cadde a terra privo di sensi.
    Bleed e Rekius evocarono di riflesso le loro mietitrici, ma ormai il pericolo era cessato.
    Asgarath raccolse il pugnale e lo esaminò.

    “Imbevuto di magia sacra. Poteva davvero farti molto male, Bleed.”
    il Paladino osservò rabbiosamente il proprietario del pugnale.
    “Anche se non è necessario, se vuoi ucciderlo per curarti, lo capisco.” disse il druido.
    Bleed lo guardò per un po' meditabondo, poi si avvicinò al guerriero svenuto. Abbassò la stola e affondò I denti nel suo collo. Risucchiò abbastanza della sua energia da poter rigenerare completamente la ferita al petto e da riacquistare un po' di forze.
    Il Sarafan cadde in un sonno profondo.
    Bleed però non lo uccise. Lo lasciò lì.

    “Spero di non pentirmi di questo atto di misericordia, Asgarath. Proseguiamo.”
    “Aspettate. Meglio nasconderlo. Se lo trovassero... ” propose Rekius.
    “Hai ragione.” disse Asgarath. Si caricò il sarafan sulle spalle e incitò gli altri ad andare avanti.
    Se ne sarebbe occupato lui.


    Due piani più in alto, una figura avvolta in una tunica bianca, dai pantaloni cremisi e dalle decorazioni dorate stava esaminando un registro pieno di rapporti sulle ultime ricerche condotte sul vampiro catturato giorni prima. Erano estremamente interessanti.
    Gli altri sei maghi che si trovavano lì attendevano con ansia il suo responso. Erano visibilmente nervosi. Sarebbe stato soddisfatto o li avrebbe rimproverati? Sapevano che chi falliva o commetteva gravi mancanze andava a far compagnia alle cavie.

    “Dannazione, Casimiro era più ferrato di me in queste cose. Un vero peccato che l'abbiano ucciso.” pensò il cenobita proveniente da Avernus. Lo zelota indossava una maschera e portava la testa completamente rasata, ad eccezione di una piccola chierica di capelli che gli incorniciava la nuca e le tempie.
    Fu allora che una delle sue guardie, una donna dal viso completamente coperto da una maschera d'ossa con due pistole glifiche assicurate alla cintura, lo scosse per il braccio.

    “Revar, mio signore...”
    “Cosa c'è, Morgana?” chiese l'uomo.
    “Ho avuto una visione. Credo che ci siano visite al piano di sotto.”
    Il cenobita si irrigidì. “Vampiri?”
    “No... Spettri di qualche tipo.” disse la donna.
    “Mietitori. Meglio ancora.” Revar sorrise.
    “Come fa ad essere tanto soddisfatto?” domandò un possente guerriero largo come un bue, armato di Kama e di un possente scudo a torre.
    “Perché saranno delle ottime cavie, Gorloth.” disse Revar.
    Chiuse il registro e se lo mise sottobraccio, poi si rivolse ai maghi presenti nella stanza.
    “Sono abbastanza soddisfatto, ma potete fare di meglio. Torno alle mie aule.
    Frattanto, bisogna preparare il benvenuto per i nostri ospiti quindi... Evocazione.”
    A quella parola, tutti gli stregoni formarono un cerchio attorno a lui.
    Revar iniziò un canto lugubre e baritonale, pronunciando una lingua blasfema e immonda che non era di quel mondo. Tutto era lecito in quella guerra. Anche le arti oscure.
    Gli stregoni gli fecero eco con le loro parole.
    Sul terreno iniziarono a formarsi tre pentacoli rovesciati. Al centro di ognuno di esso si creò una pozza di magma incandescente, da cui iniziò ad emergere l'arto di un demone.


    Bleed in testa, Asgarath in mezzo col suo pesante fardello e Rekius in retroguardia.
    La strana comitiva proseguiva salendo di soppiatto verso le scalinate superiori.
    Quando giunsero finalmente al termine della scalinata e ad una grande porta socchiusa, il druido ebbe un sussulto tale che per poco non fece cader per terra il loro ostaggio. Lo appoggiò al suolo e si portò le mani alla bocca. Guardò I fratelli con uno sguardo terrorizzato.

    “Che succede?” domandò Rekius.
    “C'è qualcosa di orribile che sta arrivando.”
    I due non capirono.
    “Come fai a dirlo?” domandò Bleed.
    “Non lo so. È un presentimento. Forse sono solo molto nervoso, scusatemi.”
    “Forse hai percepito il potere del cristallo.”
    “Non credo. Siamo troppo lontani. Penso che sia qualcos'altro. Ma non saprei dire cosa.”
    Rekius aggrottò le sopracciglia.
    Bleed grugnì di collera.

    “Muoviamoci.”
    Stava per avventarsi contro la porta socchiusa ma Asgarath lo fermò.
    “Per una volta, fai fare a me.” disse il druido.
    Per alcuni istanti, il Paladino lo guardò combattuto, poi gli fece cenno con la mano di farsi avanti e incrociò le braccia sul petto.
    Mentre Rekius frattanto, continuava a sorvegliare le scale da cui erano venuti, Asgarath colpì la porta con un debolissimo impulso cinetico. Non successe niente, pertanto non era collegata a trappole, né a meccanismi glifici.
    Aprì la porta quel tanto che bastava per dar un'occhiata oltre.
    Vi era una enorme stanza, fiocamente rischiarata da torce. Nel camerone vi erano quattro grandi tavoli imbanditi di cibo. Era una sala mensa. Al centro della tavola vi era una fossa e in essa ardeva un grande falò scoppiettante.
    Una decina di figure completamente bardate di armature glifiche dalla testa ai piedi, stavano chiacchierando fra di loro.
    Avevano lo sguardo teso e nervoso.

    “Franklin non è tornato. Non mi piace per niente.”
    “Pensi che gli sia successo qualcosa?”
    “Ne sono sicuro. Come lui, anche a me è parso di sentire il rumore di un grande boato provenire dai piani di sotto.”
    “Mmm, io non ho sentito niente. E voi?”
    Gli altri Saraphan scossero la testa.
    “Vi dico che è successo qualcosa.”
    “Beh allora perché non vai a controllare come ha fatto il tuo fratellino visto che ci tieni tanto a lui?” disse un terzo soldato bevendo una birra e scoppiando una risata malevola.
    Gli altri gli fecero eco, schernendo il guerriero per l'attaccamento che provava al fratello.
    Il soldato lanciò qualche muta imprecazione nei loro riguardi, poi raccolse la sua spada, impregnata dell'elemento Pietra e si diresse verso la porta.
    Asgarath fu lesto ad allontanarsi prima che il guerriero lo scorgesse.

    “è pieno di soldati lì dentro e uno viene verso di noi.” bisbigliò il druido.
    Bleed e Rekius in un batter d'occhio evocarono le loro mietitrici e si misero in posizione di combattimento.
    Asgarath li guardò e lesto chiese.

    “Qualcuno di voi conosce qualche magia evocatrice d'acqua?”
    “Conosco il Glifo.” disse Bleed, prima che Rekius potesse aprir bocca.
    Asgarath annuì soddisfatto e la mietitrice di fuoco guizzò nella sua mano.

    “Quel sarafan lasciatelo a me. Quando vi dico Via, Correte dentro la stanza. Bleed, raggiungi il centro e scaglia il Glifo d'Acqua, al resto penso io.”
    I fratelli lo guardarono come se fosse impazzito. Che cosa aveva in mente Asgarath?
    In quel momento la porta si aprì e il sarafan fece capolino.
    Asgarath gli mise la mano trifida sull'elmo, pregna di magia druidica e il volto del sarafan venne avvolto dalle fiamme azzurre, ma non poteva urlare, perché il druido gli aveva tappato la bocca.
    Il Sarafan venne tramortito con furia dal mietitore, che lo spedì nel mondo dei sogni con un montante al mento. Il suo corpo sbatté contro la parete alla loro destra, poi si afflosciò sul pavimento affianco a quello di suo fratello, il soldato che Bleed aveva morso.
    Bleed corse verso il centro della stanza a mietitrice sguainata. Rekius lo seguì, sparando colpi cinetici ai soldati più vicini, che vennero sbalzati contro I loro stessi compagni.
    Tutti quanti vennero colti completamente di sorpresa da quella violenta intrusione. Quattro vennero raggiunti dai proiettili e sbattuti a terra.
    Solo I sei lontani riuscirono a mettersi in piedi e a brandire le loro armi glifiche, ciascuna bagnata di un differente elemento: forza, pietra, suono, acqua, fuoco e luce.
    Bleed non si spaventò più di tanto alla loro vista. Si diresse verso di loro come una furia.
    Oltrepassò due di quelli sbattuti dai proiettili cinetici che si stavano rialzando, e li finì con due rapidi fendenti di mietitrice che fecero saltare le loro teste.
    Gli altri due che si era lasciato alle spalle, stavano per attaccarlo con le loro lance, ma Rekius fu addosso ad uno di loro, prendendolo di spalle. Prima ancora che il sarafan riuscisse a voltarsi, egli lo passò da parte a parte con la mietitrice d'Acqua, che così consumò la sua anima e divenne ancora più gelida. L'altro guerriero vicino provò a colpire il cavaliere gelido con un fendente della sua spada infuocata, ma venne bloccata dallo scudo Mogen.
    Le fiamme druidiche allora l'avvolsero: Asgarath stava rapidamente entrando dentro la stanza, seguendo l'esempio dei suoi fratelli.
    Il sarafan che venne colpito dal fuoco azzurro fu sconvolto dalle visioni e dalle allucinazioni create dalle fiamme dei suoi stessi crimini e peccati. Le voci e I lamenti dei prigionieri e di coloro che erano stati schiavizzati, deportati, torturati e che erano morti nelle segrete di quell'infernale fortezza danzarono nel suo cervello, come anche I loro sguardi e le grida a cui aveva assistito nei mesi scorsi con insofferenza e distacco militare.
    Rekius allora colpì il guerriero più volte con la mietitrice, finché non venne completamente avvolto in una patina di ghiaccio che ne paralizzò completamente I movimenti. La stasi molecolare stava facendo il suo effetto.
    Asgarath raggiunse il soldato e lo infilzò con la mietitrice di fuoco, risucchiandone l'anima dentro la lama.
    Frattanto, Bleed si era portato al centro della stanza, proprio dinnanzi al fuoco, e aveva evocato nuovamente la Trance. Teneva eroicamente testa ai sei guerrieri, ma essi erano forti ed era difficile ribattere ai loro colpi. Anche se non sentiva il dolore, nuove ferite iniziarono ad aprirsi nel suo corpo. Un colpo d'ascia particolarmente fortunato impregnata del glifo di Pietra riuscì a colpire il braccio che brandiva la mietitrice, paralizzandoglielo momentaneamente con la magia pietrificante.
    Asgarath si rese conto della cosa e urlò.

    “Ora, Bleed! Il Glifo! Tu, Rekius, stai indietro!”

    Rekius stava per raggiunger Bleed per dargli manforte, ma la voce del druido sopraggiunse ed egli fermò il passo, limitandosi a scagliare proiettili criocinetici contro gli avversari del Paladino per rallentare I loro movimenti e concedergli un po' di respiro
    frattanto, Bleed non comprendeva la logica del druido. Fosse stato per lui avrebbe usato il glifo di forza.
    Decise comunque di fidarsi e un'ondata d'acqua si proruppe tutto attorno a lui, bagnando completamente I sei Sarafan dalla testa ai piedi, che di istinto, interruppero l'attacco. L'acqua si sparse per tutto il pavimento e colpì anche il falò, che si affievolì notevolmente generando una nube di fumo e vapore.
    Asgarath in quel momento gridò.

    “Sali su un tavolo”
    Bleed spiccò un balzo e una capriola e schivò una spazzata portata da un sarafan armato di due accette imbevute della magia del glifo di Forza, che ormai si era ripreso dalla distrazione data dal bagno.
    Fu allora che il druido colpì.

    “In flamma Ignis!”
    Un proiettile cinetico sfrigolante di energia elettrica, partì dalla sua mano destra, dopo che egli ebbe recitato quella piccola formula, colpendo le braci e le fiamme che erano ancora accese al centro della sala.
    Sotto quel colpo, il fuoco si ravvivò, guizzando famelico. Una serie di scintille e di folgori elettriche scaturirono dall'esplosione del colpo cinetico. I loro archi voltaici volarono per tutta la stanza fino a congiungersi ai fuochi delle torce appese ai muri, che a loro volta generarono altre saette minori.
    La scarica durò diversi secondi e investì e travolse tutti I soldati presenti nella stanza, che in quel momento si trovavano attorno al fuoco. Le armature d'acciaio fecero da conduttore, l'acqua che bagnava il metallo, le maglie, le stoffe e lo stesso pavimento diede il colpo di grazia.
    Gridando e contorcendosi in preda agli spasmi, I sarafan vennero presi da violente convulsioni e alla fine caddero a terra, chi stordito pesantemente, chi morto folgorato.
    Quando la magia terminò, soltanto due, I più robusti, fra cui quello che aveva paralizzato il braccio di Bleed, erano ancora parzialmente coscienti. Ma il loro sistema nervoso era andato ed essi si contorcevano al suolo in preda all'elettrocutazione.
    Bleed e Rekius osservarono Asgarath al colmo dello sbalordimento.
    Il druido scrollò le spalle e sorrise.

    “Beh... Che posso dire... Ha funzionato.” disse, strizzando l'occhio.
    Bleed sorrise. Quattro anime danzavano dinnanzi a lui, volteggiando sopra I corpi in cui avevano albergato. Abbassò la stola e ne divorò avidamente tre. Il suo braccio riacquistò la mobilità. Il Paladino ritornò nel pieno delle sue forze e lasciò l'ultima ad Asgarath, che così recuperò le forze che aveva speso per generare il fuoco azzurro.
    Il mietitore la assorbì a malincuore.
    A quel punto, si avvicinarono ai guerrieri tramortiti e parzialmente coscienti e li finirono, infilzandoli con le mietitrici.
    Asgarath poté così caricare completamente la sua mietitrice del potere elementale del Fuoco. Era pronta a scagliare un'esplosione.
    Bleed poté far lo stesso con due anime. Ancora una e la mietitrice di Tenebra era pronta a renderlo nuovamente invisibile.
    Sfortunatamente, l'anima del primo nemico falciato da Rekius era ormai scivolata nel regno spettrale e non era divorabile.
    In quel momento, un soldato fece capolino nella stanza giungendo dalla porta da cui avevano fatto irruzione. Era quello che Asgarath aveva tramortito prima, che si era ripreso e che osservava la scena in preda al terrore più folle.

    “Cos...cosa avete fatto, demoni? Cosa avete fatto ai miei compagni? Cosa avete fatto a mio fratello?!?” disse, indicando il corpo privo di sensi che giaceva sul pianerottolo.
    “Pulizia. Ne vuoi anche tu?” disse Bleed, avanzando minacciosamente verso di lui.
    Il Sarafan impugnava la sua spada runica ma tremava completamente dalla testa ai piedi. Giovane e inesperto, poco più che una recluta.
    Asgarath gli parlò.

    “Hai davanti una scelta. Puoi affrontarci e perire come hanno fatto loro, oppure puoi prendere tuo fratello Franklin, che abbiamo incontrato venendo qua e che abbiamo risparmiato, caricartelo sulle spalle e fuggire il più lontano possibile da qui prima che sorga il sole. Cosa decidi?”
    Il sarafan guardò il druido pieno di stupore.
    “Mio... mio fratello... Franklin non è morto? Non... l'avete ucciso?” Il soldato in direzione del parente privo di sensi. .
    “No. sta solo dormendo.”
    “E come faccio a sapere che non mi state mentendo, demoni?”
    “Non puoi, ma se muori non lo saprai mai. Allora, cosa scegli? La salvezza, o la morte? Il mio amico è piuttosto arrabbiato per quello che avete fatto alle vostre cavie, sai?”
    “No... Noi eseguiamo solo gli ordini…”
    “Non è una scusa per eseguire quelli folli e insensati. Ora va', o muori.”
    Bleed spinse via Asgarath e si frappose fra lui e Il sarafan.
    “Qual'è la tua scelta?” disse il Paladino, agitando rabbiosamente l'oscura mietitrice.
    Il Sarafan guardò quella terrificante apparizione per alcuni interminabili secondi, poi gettò la spada, si caricò il fratello sulle spalle e imboccò le scale, scomparendo in direzione dei piani inferiori.

    “Visto? Basta esser gentili.” disse il druido a Bleed.
    Bleed lo guardò sogghignando.

    “Spero davvero che quei due abbiano un briciolo di cervello. Proseguiamo.”
    “Con attenzione” disse Asgarath.
    Bleed e Rekius annuirono.
    I tre avanzarono nel salone fino a raggiungere la porta che dava al lato opposto.
    Un angusto corridoio si inoltrava nell'oscurità.


    Il rituale era terminato.
    Un demone del Fuoco Nero, un Demone verde dalle braccia composte da lame metalliche, e un demone elettrico dalle fattezze di scorpione scheletrico, erano davanti a lui e ai sei maghi.
    Egli pronunciò una formula che conferiva agli altri sei stregoni di ottenere il dominio di quelle tre immonde creature.

    “Date la caccia ai nostri ospiti con questi nuovi segugi. Possono seguirli anche nel regno dell'oltretomba se necessario, e catturarli per noi.”
    Si rivolse ai tre demoni, avvicinandosi fino ad esser davanti ai loro orribili musi.
    Per quanto smaniassero di spaccare tutto e di dannare le anime di coloro che avevano osato chiamarli, sotto il vincolo di costrizione, I mostri erano costretti ad obbedire.

    “Voglio I tre mietitori VIVI, mi sono spiegato? Intrappolategli nel regno degli spiriti, ma NON distruggete le loro anime. O vi assicuro che subirete la stessa fine. Sapete bene che cosa c'è ai piani superiori, vero? Lo sentite...”
    I demoni annuirono, e un moto di timore balenò nei loro occhi maligni.
    “Allora vi conviene obbedire. Beleghor, te li affido.” disse Revar all'arcimago che comandava I cinque stregoni che avevano preso parte al rito di evocazione.
    Poi aprì la porta e valicò la soglia che lo portava alla sommità della fortezza.
    Morgana e Gorloth vennero dietro.
    Poco dopo, Revar ordinò loro di lasciare la fortezza attraverso il passaggio segreto che si trovava nella Sala del Cristallo. i due protestarono: come sue guardie del corpo era loro preciso dovere proteggerlo.
    Ma lui, ebbro di trionfo, volle affidare loro un incarico particolare: avrebbero dovuto recarsi direttamente dal Fondatore e riferirgli sia i loro progressi, sia dell’intervento dell’Alleanza e dell’imminente cattura dei suoi Mietitori, che presto avrebbero fatto compagnia al vampiro nelle segrete. Quando sentirono la parola “Fondatore”, Gorloth e Morgana smisero di protestare e obbedirono all’istante, lasciando così il loro maestro solo nella torre con poche guardie.



    Asgarath, Bleed e Rekius si muovevano rapidi e silenziosi per l'angusto corridoio che avevano imboccato. Ai tre la situazione non piaceva: era buio e stretto. La luce delle torce era discontinua e c'erano luoghi completamente avvolti dalle tenebre.
    Asgarath dovette utilizzare la mietitrice di Luce per rischiarare la strada ai due compagni di viaggio.
    Il druido non si sentiva tranquillo e nemmeno I suoi amici.
    Ancor meno, quando raggiunsero un bivio. Il corridoio si diramava a T, imboccando due direzioni diverse.
    Bleed e Rekius dibatterono sottovoce su che direzione prendere.
    Frattanto Asgarath osservava attentamente le mura.
    Passò la reaver di luce vicino alle pareti. Sentiva che c'era qualcosa che non tornava.
    C'era qualcosa di molto molto strano in quel muro.
    Esaminandolo, Asgarath notò alla luce che intere file di mattonelle, sia del muro, sia del pavimento loro allineate, presentavano dei minuscoli fori laterali.
    La cosa lo insospettì parecchio e disse ai due compagni di avventura di non muoversi.
    Tirò un colpo cinetico laddove vi era una mattonella sconnessa.
    La falsa mattonella scattò e da alcuni fori praticati sulle pareti, invisibili in quella scarsa luminosità,. partirono delle file di lance acuminate, sia in orizzontale che in verticale, che in una frazione di secondo chiusero con un clangore metallico il passaggio a sinistra, creando una grata fatta di lame di metallo intrecciato.

    “Di là non si passa.” disse Rekius scuotendo il capo.
    “Potremmo passarvi attraverso nel regno spettrale.”
    “No. Non sappiamo se e dove troveremo portali e non abbiamo tempo da perdere nel cercarli. Dobbiamo mantenere la forma fisica a tutti i costi.” disse Bleed.
    “Hai ragione. Non ci resta che questa direzione.” rispose Asgarath, preoccupato.
    Svoltarono a destra e l'oscurità li inghiotti.


    Asgarath decise di spegnere la mietitrice di luce. Anche Bleed e Rekius fecero svanire le loro lame.
    Il motivo era semplice: il corridoio era molto lungo.
    Ogni tanto vi erano delle diramazioni secondarie che conducevano a varie porte minori, ma si trattava per lo più di stanzine, ripostigli e latrine.
    I mietitori compresero che erano giunti nell'area dei dormitori.
    La zona era vuota e silenziosa. Del resto quella notte, la maggior parte dei sarafan aveva ben altri problemi al piano inferiore per potersene stare Impunemente a dormire.
    Ciò però non escludeva che comunque qualcuno di loro potesse esser rimasto, vuoi perché ferito o incapace di combattere, vuoi per altri motivi.
    Difficilmente ci sarebbero state trappole in quella zona, ma era meglio comunque non tentare la sorte. I Mietitori proseguirono dritti per qualche minuto, leggermente accovacciati in avanti per potersi muovere meglio furtivamente.
    Il corridoio fece un'altra svolta e in fondo trovarono una scala a chiocciola che portava verso I piani superiori.
    Bleed e Rekius proseguirono con cautela.
    Era tutto troppo buio, troppo silenzioso. Non piaceva a nessuno dei due.
    Asgarath era particolarmente nervoso. Sentiva che c'era davvero qualcosa che non andava e che stavano davvero correndo qualche grosso pericolo. Anche se non sapeva bene come spiegarselo.
    Non era una visione come quelle che aveva avuto in passato. Era più tutto l'insieme delle cose. La conformazione di quel luogo, l'oscurità, il silenzio.

    Guidati dai maghi, I tre demoni erano quasi arrivati in fondo alle scale a chiocciola. Non erano quelle che stavano per prendere I tre mietitori, erano quelle che si trovavano nell'ala opposta, che erano state bloccate dalla trappola. Quando giunsero in fondo all'ultimo gradino, I tre mostri annusarono l'aria in modo famelico e sogghignarono.
    I maghi compresero che avevano sentito qualcosa. Condussero I demoni avanti a loro, incitandoli con canti e cori blasfemi. Il demone elettrico a un certo punto si fermò e si avvicinò verso il loro capo, Bereghor.
    Gli altri maghi alzarono la voce, timorosi che si stesse per liberare, ma il demone scosse la testa,. Voleva parlare con loro.

    “Cosa c'è?” disse l'arcimago, un vecchio cenobita dalla tunica rossa e dalla folta barba nera.
    “Sentiamo odore di morte...”
    “I mietitori?”
    “Sono vicini. Ma ci sono anche altri cadaveri. Sono stati loro.”
    I maghi sussultarono per un attimo, ma mantennero comunque il controllo vocale sui demoni.
    “Dove sono?”
    “Perché non lasciate che uno di noi lo accerti? Possiamo muoverci in modo molto più veloce di quanto consentito dai vostri ridicoli arti.”
    I maghi guardarono il loro priore con fare interrogativo.
    Lui acconsentì.
    La nenia divenne poco più che un sussurro. Abbastanza debole da donar ai tre mostri più libertà d'azione, ma comunque abbastanza forte per controllarli e per dissuaderli da far azioni lesive verso di loro.
    Con un sogghigno, due demoni si allontanarono scalpitando.
    Il demone lama e quello elettrico svanirono nel regno spettrale. Il demone taurino invece, rimase vicino ai maghi, pronto a proteggerli, e continuava a fiutare la scia di morte che sentiva provenire dalla mensa.
    Quando I maghi raggiunsero la trappola, la disinnescarono. La marcia proseguiva.


    Asgarath, Bleed e Rekius erano quasi arrivati, miracolosamente senza intoppi alla scala a chiocciola.
    Stavano per salirla e raggiunger il secondo livello quando una delle porte laterali del corridoio, che dava ad un androne secondario, si aprì di colpo, facendo arrivare lì sei sarafan: tre arcieri, due spadaccini e un capitano dall'armatura e dalla spada glifica, imbevute della magia sacra.

    “Che mi prenda un colpo! Fermi, voi tre!” disse , cogliendo I mietitori in fallo.
    I tre sussultarono, ma reagirono come un solo uomo.
    Le mietitrici di Tenebra, Acqua e Fuoco baluginarono simultaneamente.
    Gli spadaccini corsero subito verso di loro, gli arcieri stettero nelle retrovie, vicino al capitano e iniziarono a caricare le loro frecce elemnentali.
    Ma non fecero in tempo a scagliarle. I mietitori furono più rapidi: Bleed sparò un proiettile impregnato di tenebra verso uno di essi, colpendolo e privandolo momentaneamente della vista. Un proiettile criocinetico investì quello all'estrema destra, congelando le mani che reggevano l'arco.
    Il terzo però fece in tempo a lanciare un dardo lucente, diretto verso il druido.
    Asgarath si chinò di colpo e rotolò per terra e la freccia si infranse al muro con un'esplosione abbagliante.
    Frattanto Bleed aveva iniziato a combattere con foga contro I due spadaccini, che si rivelarono abili guerrieri, quasi alla sua altezza.
    Due dei tre arcieri stavano per caricare altre frecce; quello dalle mani congelate invece stava imprecando nel tentativo di districarsele dal ghiaccio, mentre il capitano, rimasto loro affianco, guardava I mietitori con un sorrisetto divertito.
    Era davvero un intrattenimento insperato per una serata in cui lui si annoiava a morte.
    Asgarath e Rekius passarono oltre Bleed e I due contro I quali stava combattendo. Rekius sparò altri proiettili criogenici che investirono gli arcieri, alla testa e al torace. Una freccia venne scagliata verso di lui, ma riuscì ad alzare lo scudo Mogen e a deviarla. Purtroppo essa era impregnata del Glifo della Forza e il contraccolpo fu molto violento e lo scagliò a terra.
    Frattanto, Asgarath... sembrava stranamente fermo e immobile.
    L'arciere che era ancora libero di muoversi incoccò una freccia diretta verso il druido e stava per scagliarla se non fosse che una palla di fuoco partì improvvisamente dalle mani del mietitore.
    Il Pirogramma esplose fragorosamente in mezzo ai tre arcieri, e la detonazione li scaraventò furiosamente a terra, appiccando il fuoco alla stoffa delle loro vesti.
    I tre si misero a urlare in preda all'agonia più totale.
    Frattanto Bleed era riuscito con una serie di abili finte ad aver la meglio sulla guardia di uno dei sarafan e il suo cadavere giaceva riverso a terra, le braccia che reggevano la spada staccate di netto all'altezza dei gomiti. Il suo secondo avversario si ritrovò in inferiorità e durò assai meno. Tuttavia, prima di venire decapitato, riuscì a scagliare contro il mietitore un pugnale da lancio, che si piantò dritto nel costato, già provato dalla precedente ferita.


    Bleed si accasciò a terra e si senti pervadere da una orribile sensazione di dolore e bruciore. La lama ardeva di magia sacra, e le rune emettevano una luce diafana.
    Asgararh stava per attaccare il capitano, ma vedendo il fratello in difficoltà gridò a Rekius di coprirlo.
    Corse subito verso Bleed e afferrò il pugnale con la mano sinistra.
    Tirò con violenza per estirparlo dal costato del fratello maggiore ma lama oppose resistenza.
    In qualche modo, i Sarafan avevano migliorato a tal punto la magia sacra da forgiare una lama capace di agire come il fuoco magico di Asgarath: non si limitava a danneggiare le carni dei non morti, o a neutralizzarli. Quella lama li consumava, avventandosi sulle loro membra in modo tale da prosciugarne le forze e da piegarne completamente il corpo e lo spirito, consumando le carni con la propria magia.
    Tanto più la preda si dibatteva, tanto più la lama si conficcava in profondità.
    Il druido comprese questo con grande terrore quando, nel tentativo disperato di estirparla, notò non solo che la lama opponeva resistenza alla sua presa, ma anche che aumentava il dolore che infliggeva a Bleed. Una lama letale, una nuova invenzione fatta apposta per neutralizzare non solo i vampiri, ma anche gli esseri come loro.
    Non poteva lasciare Bleed, in quelle condizioni, ma non poteva nemmeno intervernire in maniera avventata. Era uno stallo pericoloso.
    esaminò meglio il pugnale. Leggendo le rune azzurre che brillavano nel manico, non gli ci volle molto per intuirne il funzionamento. Allora evocò il suo fuoco sacro.
    la sua fiamma avvolse la sua mano trifida e il druido afferrò nuovamente l’arma sarafan.
    Fece scorrere il fuoco dei druidi attraverso la sua lama dentellata e chiuse gli occhi, concentrandosi, perdendosi nella magia.
    Le fiamme divennero un tutt’uno con la magia sacra di cui era infusa l’arma benedetta.
    Per mezzo del proprio potere, il druido stabilì un legame arcano con essa.
    Si concentrò per cercare di contrastarla e dominarla.


    Frattanto, Rekius duellava col capitano sarafan. Era un duello difficile. Doveva parare e deviare I colpi del suo spadone con il Mogen e la mietitrice d'Acqua raramente riusciva a infiliggere danni all'avversario. L'armatura runica lo proteggeva e la criocinesi non faceva effetto su di lui.
    Il mietitore del Gelo si trovò in netto svantaggio. Provò a castare un glifo di forza, ma il paladino sarafan accusò l'onda d'urto solo leggermente.
    Il duello si protrasse per alcuni interminabili secondi.
    Rekius era abile nel parare I colpi, ma lo spadaccino era altrettanto abile nel menar fendenti ed eseguire finte. Più di una volta la lama sacra colpì le sue carni, per fortuna di striscio, ed egli fu costretto ad avvolgere il suo stesso corpo nel ghiaccio, coprendo la sua pelle di una gelida patina che
    che riusciva a proteggerlo da buona parte dei colpi.
    Nonostante ciò, la lama era affilata e gli inflisse svariate ferite.
    Bruciavano non poco e il dolore lo distraeva.
    Tuttavia Il gelo gli era amico: impediva alla magia sacra di infierire sul suo corpo e intorpidiva I sensi. Il dolore era forte, ma era sopportabile.
    Rekius però non poteva dar pieno sfogo dei suoi poteri. L'Aura gelida e la bara di ghiaccio forse avrebbero avuto la meglio sul suo rivale, ma avrebbe seriamente intaccato la sua vitalità e non poteva permettersi di finire al regno spettrale.
    Il sarafan frattanto, infieriva pesantemente.

    “Tutto qui quello che sai fare, demone? Eh? Tutto qui? Tutto qui?” I suoi fendenti diventano sempre più feroci e sempre più violenti, le parate di Rekius, sempre più disperate..
    Rekius rischiava di non durare ancora per molto, ma anche il sarafan non era messo meglio:
    Entrambi ormai avevano parecchie ferite, e il crociato iniziava ad accusare I primi segni di stanchezza, che lo portavano ad abbassare la guardia, sbagliare gli attacchi ed esser ferito a sua volta.
    I due si fermarono un secondo, studiandosi, poi ripresero lo scambio di colpi con rinnovata furia.
    Il mietitore del gelo non portava molti attacchi, tranne che per bloccare, deviar il sarafan o per farlo momentaneamente arretrare e desistere.
    Studiava l'avversario e le sue mosse, cercando di adattarsi alla sua tecnica di combattimento, feroce e potente.
    Approfittando di un momento della sua distrazione, il mietitore scagliò contro di lui il Mogen. Lo scudo ormai era sufficiente carico e aveva assorbito passivamente l'energia della mietitrice d'acqua durante tutto il duello e tutto il tempo che era trascorso da quando erano penetrati dallo scolo fognario.
    Così colpì il sarafan in piena faccia e liberò una potente ondata gelida che ne rallentò parecchio i movimenti. Avendo perso velocità, il capitano non poteva più difendersi adeguatamente.
    Rekius a quel punto riuscì finalmente a colpirlo infliggendogli ferite molto più profonde agli arti e alle gambe, nei punti esposti della sua armatura, che ridussero il suo avversario in ginocchio. La lama divenne forte, famelica, furiosa.
    L'ultimo colpo congelò completamente il sarafan. Ormai ricoperto di uno strato di brina, il capitano si afflosciò sul pavimento con un grugnito, cadendo come un peso morto.
    Rekius gli strappò via la spada runica dalle mani e la scaraventò lontano, nel pavimento.

    “Tutto qui.” disse, recuperando lo scudo.

    In quel momento, un grido di dolore familiare lo riportò alla realtà.
    Asgarath era riuscito a placare la furia distruttrice della magia sacra del pugnale.
    Dominata dal fuoco dei druidi, la lama stregata aveva smesso di far resistenza ed era finalmente riuscito a strapparla dal costato del fratello maggiore.
    Bleed era riverso a terra, visibilmente indebolito e ansimante.
    Le anime degli arcieri morti bruciati erano scivolate nel regno spettrale e non potevano esser utilizzate per sostentarlo.
    Asgarath rassicurò il fratello. Se lo caricò sulle spalle e lo trascinò verso Rekius, davanti al quale il capitano giaceva ormai in fin di vita.
    Mosso dalla furia e dal dolore, Bleed si avventò sull'uomo e lo uccise con un rapido colpo. Divorò la sua anima e la ferita si richiuse, smettendo di sanguinare.
    Ciò nonostante, la magia sacra l'aveva comunque notevolmente debilitato.

    “Maledizione.” imprecò Bleed.
    “Ce la fate a continuare?” domandò il druido, preoccupato per I due compagni..
    “Sì... Certo che ce la faccio.” Disse il Paladino. Le sue gambe però tremavano parecchio. Quella lama era stata davvero micidiale.
    “Io ho solo qualche graffio e un po' di stanchezza.” disse Rekius, aiutando il druido a sorreggere il compagno.
    Fu allora che due demoni usciti direttamente dalle fauci dell'inferno si materializzarono nei pressi dei tre mietitori.


    Quando avvenne, I tre cercarono subito di fuggire verso la scala a chiocciola, ma una barriera elettrica fatta di scariche crepitanti bloccò l'accesso alla gradinata.
    Si voltarono e videro che un'altra barriera, fatta di gas velenoso verde e violaceo, aveva bloccato anche l'oscuro corridoio.

    “Andate forse da qualche parte?” disse il demone lama, schernendoli.
    “Perché non ci fate un po' di compagnia?” il demone elettrico sogghignò, agitando le chele crepitanti.
    “Va all'inferno.” gli rispose il druido. Lui e Rekius lasciarono andare Bleed, che si accasciò sul pavimento, e iniziarono a fronteggiare I due avversari a mietitrici sguainate.
    Asgarath attaccò il mostro del fulmine: lo tempestò furiosamente con le fiamme druidiche. Il Demone accusò violentemente la magia, che arse le sue carni, consumandole e divorandole senza pietà. Si avventò su asgarath con ferocia.
    Il mietitore venne sollevato di peso verso l'alto dal demone famelico e ognuno rimase per alcuni interminabili attimi nell'abbraccio letale dell'altro: il demone trafitto dalle fiamme, il druido percorso dalla corrente.
    Frattanto, Rekius parava col Mogen I devastanti affondi delle braccia a forma di lama del suo nemico verdastro.
    Il demone sogghignò vedendolo arretrare sotto la furia e la violenza dei colpi.
    Aprì le fauci e gli vomitò addosso un liquido acido e violaceo. Rekius si gettò a terra e lo schizzo tossico lo mancò per miracolo, tracciando un solco fumante nel pavimento.
    La situazione sembrava disperata ma subì un brusco capovolgimento.
    Improvvisamente, una lama tenebrosa colpì alle gambe Il demone elettrico, staccandogliele di netto. Lui e Asgarath ruzzolarono al suolo e continuarono a malmenarsi a colpi di chele, magia, elettricità e mietitrice di fuoco.
    La sagoma invisibile arrivò anche verso il demone lama, che ormai aveva stretto rekius in un angolo e stava per vibrare un affondo letale.
    Un profondo squarcio apparve dal nulla sul braccio del demone, facendogli riversare fiotti di sangue verde. Altri due colpi ben assestati e nella pancia del mostro apparve un foro circolare in cui danzavano ombre oscure.
    Il Demone Lama si dissolse nel nulla, in un'esplosione di tenebra. La sua anima emerse dal corpo morente e Bleed la divorò, ritrovando finalmente le forze e ritornando visibile.
    A quel punto, lui e Rekius si avventarono contro il secondo demone e salvarono Asgarath, che se la stava vedendo davvero brutta e che iniziava ad esser allo stremo delle forze.
    L'avversario infatti non ne voleva sapere di mollare il druido e per quanto ormai fosse ridotto ad un corpo crivellato di fendenti e mezzo carbonizzato e crepitante, continuava a infierire su asgarath sordo ad ogni cosa. Il mietitore si trovava al lumicino delle forze e stava per sprofondare nel regno spettrale quando I due intervennero.
    Così il demone elettrico venne colpito anche dalle magie combinate di Tenebra e Acqua. Tranciarono le chele del mostro, e Asgarath fu finalmente libero dalla sua presa folgorante.
    I colpi successivi mozzarono la testa di netto al demone, liberando la sua anima apostata.
    Con un gesto meccanico, il druido abbassò la stola e divorò quell'anima, rigenerando metà delle sue forze.
    Si accasciò sul pavimento ansimando copiosamente e sputando un po' di sangue azzurro. Bleed e Rekius lo aiutarono a rialzarsi.
    Ci volle un po' prima che Asgarath ritrovasse la compostezza, e quando avvenne disse.

    “Maledette bestiacce! Io... io li odio! Hanno ucciso la mia famiglia. Il solo vederli mi fa uscire di testa. Per gli umani ho pietà, ma non per I demoni. Scusate.”
    “Sei in grado di continuare?” chiese Bleed, preoccupato.
    Asgarath annuì torvo di rabbia e si riassestò il mantello lacerato dai colpi del demone.

    “L'abbiamo iniziata assieme, e la finiremo assieme. Vada come vada, sarò con voi fino alla fine, questa notte. Ma non sono al massimo delle forze, quindi finché non trovo di che sostentarmi, è meglio se non uso il mio fuoco, a meno che non sia strettamente necessario.”
    “Abbiamo bisogno di nutrirci tutti quanti.” disse Bleed.
    “Forse al piano di sopra troveremo qualche avversario meno problematico.”
    “Questi demoni sono stati evocati da qualcuno che ci sta dando la caccia, Asgarath.”
    L'osservazione di Rekius riscosse Asgarath dal suo blando ottimismo.
    Le barriere erette dai demoni ormai erano svanite, quindi la via era di nuovo libera.
    Con il cuore gonfio di paura e determinazione, e un terribile senso di ineluttabilità che si faceva strada nelle loro menti, I tre mietitori si incamminarono per la scala a chiocciola e iniziarono a salire verso il piano seguente della torre.

    I maghi alla guida del demone del fuoco nero frattanto, avevano raggiunto la sala mensa. La trovarono invasa dall'acqua e le braci del falò erano ormai spente. Un odore di carne bruciata permeava l'aria.
    Ovunque vi erano I corpi dell'intero plotone eliminato dalla magia di Asgarath e dei suoi compagni.

    “Sì, abbiamo decisamente degli intrusi. Morgana aveva ragione.” disse Bereghor, stizzito.
    Si rivolse al demone di fuoco mormorandogli parole oscure e blasfeme di una lingua dimenticata.
    L'enorme mostro annuì.
    Fiutò l'aria e percepì l'odore di morte dei mietitori.

    “Uno odora di freddo, il secondo è molto forte, il terzo è un druido. Sento l'odore della sua dannata magia preservatrice.”
    “Ottimo lavoro. Quando avremo finito con loro ti ripagherò con qualche anima.”
    Il demone sogghignò maliziosamente, mentre la litania blasfema dei maghi continuava a tenerlo al guinzaglio.
    Chissà se l'anima di Bereghor sarebbe stata un pagamento adeguato.
    Indicò la porta presa dai tre mietitori e vi condusse I maghi. Gli stregoni entrarono nell'angusto corridoio e presero la via a destra.

    Asgarath, Bleed e Rekius erano appena entrati all'interno del secondo piano e scoprirono che era molto diverso da come si aspettavano.
    Nascosero dentro una nicchia I cadaveri delle tre guardie che avevano sorvegliato la cima della scala a chiocciola.
    Le avevano trovate che sonnecchiavano. e fortunatamente, erano riusciti a sorprenderle prendendole alle spalle.
    I loro resti avevano il collo spezzato e la loro anima aveva sostentato I tre combattenti, rigenerando la loro forza vitale e le loro ferite. Erano ancora un po' acciaccati dal brutale duello con I sarafan, il paladino che comandava le guarnigioni del piano inferiore e I due demoni, ma si sentivano abbastanza in forze da riuscire a procedere nella loro missione.
    Il secondo piano non era spoglio e spartano come gli altri: arazzi e stendardi raffiguranti l'effigie dei crociati viola adornavano tutto quanto, uniti ad uno strano simbolo, raffigurante un occhio inscritto in un pentacolo rovesciato.

    “mmm deve esser quello della setta che stiamo combattendo.” bisbigliò il druido.
    I tre procedevano scivolando fra le ombre proiettate nell'ambiente semibuio dalle torce e dai lampadari. Vi era principalmente un grande corridoio centrale, una navata dalla volta a botte, da cui dipartivano varie porte decorate da colonne di marmo, dalle cime ornate di capitelli neri.
    L'architrave di ogni uscio era costituita da una larga ogiva a sesto acuto.
    La maggior parte delle stanze erano chiuse, ma dalle poche rimaste semiaperte, sbirciandovi all'interno I tre mietitori poterono vedere che erano degli enormi studi e laboratori di magia dove venivano preparate pozioni e veleni di vario tipo. In uno di essi trovarono una visione rivoltante.
    Un cadavere di giovane Melchiahim, vampirizzato da poco scrupolosamente vivisezionato, su una sorta di tavolo operatorio, ancora lordo del suo sangue; le sue ventraglie sparse in giro, chiuse in contenitori di vetro.
    I suoi resti squartati indossavano ancora tuniche e abiti civili, strappati, lacerati e lordi di sangue.
    Non ci voleva molto per comprendere che era uno degli umani che erano stati catturati dai sarafan per permettere alla setta di condurre I loro macabri esperimeti alla ricerca delle debolezze dei vampiri.
    Preso da un misto di repulsione e curiosità, il druido entrò nella stanza. Chiunque fosse il carnefice, ora non si trovava lì.

    “Asgarath, dobbiamo muoverci.” lo esortò Bleed, facendogli cenno di uscire.
    “Potrebbe esserci qualcosa che può tornarci utile.”
    Rekius continuò a guardarsi attorno nel timore che venissero scoperti.
    Bleed sbuffò spazientito.
    “Fai in fretta.”
    Asgarath passò rapidamente su scaffali e librerie piene di libri di magia e di tomi sul vampirismo messi in disordine, uniti a pergamene e manoscritti di varia natura.
    Non gli interessavano più di tanto.
    Le carte portate da Naeryan erano state più che sufficienti per sapere di cosa trattavano.
    Rovistò per qualche minuto, e I suoi compagni divennero sempre più nervosi e irrequieti.
    Alla fine, quando stavano per trascinarlo via sull'orlo della sopportazione, trovò uno scaffale
    che conteneva pozioni magiche.
    Capendo di non aver altro tempo a disposizione, scelse tre boccette uguali e le infilò nella tasca del suo mantello, senza nemmeno star a guardarne il contenuto.
    Mentre usciva, Rekius si voltò verso la scala.
    Una sinistra litania cadenzata risuonava dal piano sottostante e si avvicinava verso di loro.
    Si sentivano anche dei passi pesanti, come di qualcosa di estremamente pesante che sbatteva nel pavimento.

    “Cos'è questo rumore?” domandò Rekius.
    Bleed evocò la mietitrice di tenebra, pronto a combattere.
    Asgarath sgranò gli occhi e indietreggiò di paura.

    “Per la miseria... Dobbiamo muoverci. Forza!” iniziò a scappare a gambe levate.
    I due compagni gli andarono dietro.

    “è... è un canto di coercizione demoniaca. Dieci a uno che lo stanno cantando gli stessi stregoni che lavorano in questo piano.
    “Questo significa che stanno controllando qualcosa?” domandò Rekius, che correva al suo fianco.
    “A giudicare dalle formule, è qualcosa di molto grosso. Ci metterebbe in difficoltà anche se lo affrontassimo tutti e tre assieme. È una battaglia che è meglio evitare.”
    “Dobbiamo seminarli.” disse il Paladino.
    “Già, ma da che parte andiamo?” domandò Asgarath.
    I tre girarono per un po' in tondo per I vari androni e corridoi, spaesati.
    Le grida e I canti si facevano sempre più vicini e iniziavano ad udire anche I suoni orribili e gutturali del mastino che li stava fiutando.
    Raggiunta una biforcazione, si accorsero troppo tardi di esser finiti dalla padella alla brace.
    Sbucarono da un ingresso laterale e finirono in una stanza sorretta da un grande lampadario dalle catene arrugginite, la stessa dove Morgana e Gorloth avevano montato la guardia finché Revar non gli aveva portati con sé.
    Purtroppo era proprio il luogo in cui si trovavano I maghi, e per poco non andarono a sbattere contro Bareghor e I suoi stregoni
    Non appena essi li videro, il canto divenne secco, perentorio, le parole erano secche, dure e violente.
    Il Demone grugnì e si lanciò furente contro di loro.
    Non avevano molta scelta. Avrebbero dovuto combattere.
    Asgarath bloccò il demone del fuoco nero con una potente scarica di fuoco druidico, cacciandoglielo dritto nelle fauci. Il mostro urlò furioso di dolore e si voltò all'indietro nel tentativo di sottrarsi a quelle fiamme malefiche e il druido rincarò la dose.
    Bleed allora fu addosso al mostro e iniziò a tranciarne le carni con I fendenti della mietitrice di tenebre.
    Rekius, frattanto, lanciava la criocinesi verso I maghi, in modo da tapparne le bocche con veli di ghiaccio affinché la magia di coercizione affievolisse la sua potenza.
    Bereghor, vedendo il demone in difficoltà contro Bleed, castò una magia di protezione attorno ad esso.
    Uno scudo di fiamme infernali lo avvolse, e Bleed dovette arretrare per non esserne arso.
    Fu allora che Asgarath disse a Rekius di castare l'aura glaciale e di buttarsi a terra e a Bleed di andar ad aiutare Rekius.
    Per Bleed non fu facile disimpegnarsi dal demone. L'avrebbe volentieri fatto a pezzi, ma la barriera di fuoco arcano era un problema. Stava per attaccare I maghi che la alimentavano ma il soffio di fuoco infernale che il mostro gli vomitò addosso fu un ottimo deterrente che lo convinse ad fare come Asgarath chiedeva.
    Non appena il gelido cavaliere e il Paladino eseguirono le richieste, l'aura glaciale gli avvolse nel suo abbraccio, proteggendoli dalle fiamme del demone.
    I due si diedero il cambio. Rekius fronteggiava il demone. Si proteggeva dal calore col Mogen, cercando di infrangere con I proiettili criocinetici la barriera infernale. Bleed riuscì a scagliare contro il mostro un proiettile di tenebra impregnato che lo colpì agli occhi e lo privò temporaneamente della vista.
    Rekius ne approfittò e la mietitrice d'acqua riuscì a farsi largo fra le fiamme quel tanto che bastava da conficcarsi in una zampa del gigantesco diavolo, che accusò il dolore con un urlo di furia cieca.
    Il mostro cercò di schiacciarli sotto il peso dei suoi possenti pugni, ma loro lo schivarono rotolando sul pavimento.
    Fu allora che avvenne.
    Approfittando del diversivo, infatti, Asgarath aveva superato l'enorme demone con due agili balzi e una capriola, che gli permisero anche di evitare un'esplosione di fiamme infernali che Bereghor scagliò contro di lui.
    Si avvicinò così ai maghi e prima ancora che potessero far qualcosa per fermarlo tirò loro addosso le tre pozioni trafugate in precedenza.
    Si infransero sulle loro tuniche imbrattandoli di uno strano acido vischioso che rallentava i loro movimenti e che al tempo stesso irritava la loro pelle.
    A completare l’opera, liberò il potere della mietitrice di fuoco.
    Un'ondata di fiamme avvolse tutti I maghi, appiccando fuoco alle loro tuniche. Il liquido degli alambicchi si rivelò essere estremamente infiammabile e peggiorò la loro situazione.
    Essi interruppero finalmente il canto blasfemo, iniziando a correre, urlare, scappare, ruzzolare fra le scale.
    Fuori dal loro controllo, il demone del fuoco nero si rivoltò contro di loro e caricò proprio Bereghor, uccidendolo all'istante infilndanzolo con le sue possenti corna.
    Non appena abbandonò il suo corpo, il demone cercò di consumare l'anima dello stregone.
    Bleed però lo procedette e la assorbì, rigenerando completamente le sue forze, cosa che scatenò tutta la sua ira. .

    “MAI RUBARE AD UN DEMONE LA SUA PREDA!” tuonò il mostro.
    Ma erano minacce vane: con la morte di Bereghor, la barriera elementale di fuoco che lo proteggeva era ormai crollata.
    Bleed cadde nello stato di trance e iniziò tempestare il mostro di fendenti di tenebra. Rekius gli dava manforte con la mietitrice d'acqua e I due lo accerchiarono.
    Mentre gli stregoni bruciavano in preda alle fiamme e la barriera infernale del demone era appena crollata, Asgarath decise di fornire a Bleed e Rekius un ultimo aiuto: guardò verso il grande lampadario che si trovava al centro del soffitto a volta.

    “Ventus Scissor” mormorò, protendendo la mano.
    Una forbice fatta di nebbia filamentosa partì dalle sue dita e andò a colpire le catene che sorreggevano il candeliere, consunte e arrugginite.
    L'esplosione elementale d'aria lo distrusse.
    Priva dell'illuminazione delle candele, la stanza piombò nell'oscurità completa, rischiarata solo dal fuoco che ardeva nelle fauci del demone e che consumava gli altri stregoni.
    Protetti dall'oscurità, Bleed e Rekius misero il mostro ai ferri corti. Rekius lo acceccò scagliando due proiettili criocinetici dritti nei suoi occhi e Bleed ne approfittò per vibrare un affondo fatale della sua mietitrice, conficcandola nel cuore del mostro. .
    Asgarath intanto falciava furiosamente tutti gli stregoni con la mietitrice di fuoco, senza dar loro il tempo di riprendersi o di reagire. Molti in ogni caso avevano ustioni gravissime e giacevano a terra morenti.
    Nell'ucciderli, risucchiò tre delle loro anime con la mietitrice di fuoco, ricaricando la spada, e si sfamò con un'anima per recuperare le energie spese col fuoco sacro. Lasciò l'ultima a Rekius, che così ebbe modo di recuperare le forze consumate evocando l'aura e la corazza di ghiaccio.
    Frattanto, la mietitrice di Bleed si sfamò con l'anima dell'enorme mostro, la cui carcassa si dissolse finalmente nel nulla.
    Sconfitti tutti gli avversari, I mietitori non persero altro tempo: Bleed non ci impiegò molto a sfondare la porta di quella stanza a colpi di mietitrice.
    L'ennesima scalinata si stagliò dinnanzi ai tre, ovunque, stendardi della setta.
  9. .
    Quel che ho da dirti lo sai già, per cui stai tranquillo ;) buon tutto
  10. .
    Un mietitore non ha potere di procreazione in alcun modo :) Sia essa la trasmissione del Dono Oscuro o quant'altro ^^
  11. .
    Darth ha riposto in maniera egregia ed esaustiva :)

    Nello specifico: Rekius può durare un po' di più in ambienti caldi grazie alle sue emissioni di energia gelida, che "mitiga" il senso di affaticamento fisico (che comunque dopo un certo periodo ne risente dato lo sforzo di esercitare i proprio poteri per tempi prolungati.

    I Mietitori ed i Vampiri hanno una moderata resistenza al caldo ed al freddo. Moderata, appunto, poiché gli agenti climatici finiscono sempre con lo sfiancare il corpo.
  12. .
    Benvenuto Nadiol!
    Per qualsiasi cosa chiedici pure consiglio, se sei interessato al GDR abbiamo rivisto da poco il regolamento ed è tutto bello che aggiornato :)
    Il GDR è momentaneamente in stand-by per terminare gli ultimi accorgimenti, nel frattempo sei liberissimo di creare la tua scheda etc se hai deciso di parteciparvi ^^
  13. .
    Dipende Sahira, hai finito la tua scheda?
    Se hai finito la tua scheda e sei "ufficialmente" in game si, altrimenti il tuo pg sarebbe ancora in stand-by :)
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    Go with the flow !
  15. .
    In questa sezione i personaggi possono interagire tra loro, parlare, discutere, fare passeggiatine al chiaro di luna e quant'altro.
    Tali interazioni sono da considerarsi "Extra-GDR", ovvero non hanno un peso determinante nella trama del gioco.
    Ciò che avviene in questa sezione arricchisce interiormente i personaggi e li approfondisce, dando loro uno spessore per quanto riguarda l'interfacciarsi reciproco.

    Note da seguire per il corretto utilizzo della sezione:
    - Non è possibile apportare modifiche a realtà esistenti in game, salvo diversa decisione dei Master
    - E' possibile creare luoghi fittizi in cui far interagire i PG ma che non vadano a modificare realtà già esistenti
    - E' severamente vietato creare scontri tra personaggi
    - E' fortemente sconsigliato generare occasioni di attrito tra i vari personaggi, poiché contrario allo spirito di comunità su cui si fonda il GDR
    - I commenti degli utenti andrebbero evitati ma, se proprio non se ne può fare a meno, vanno scritti sotto spoiler in modo che siano facilmente riconoscibili.
    - Cercate sempre di trarre qualcosa di costruttivo e divertitevi in maniera sana ;)


    Gli accorgimenti da seguire per le ruolate sono pochi ma essenziali. Non ignorateli !
688 replies since 30/8/2006
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